Enciclopedia

Ciceróne, Màrco Tùllio (Arpino 106 a. C.-Formia 43 a. C.) Oratore, uomo politico e filosofo romano. Le fonti principali per la conoscenza della vita e delle opere di Cicerone sono le sue stesse opere e in particolare le lettere. Altre notizie sono desumibili dalla vita di Cicerone scritta da Plutarco (Vite parallele). 
Cicerone nacque ad Arpino (oggi in provincia di Frosinone) da un'agiata famiglia equestre imparentata con quella di Caio Mario. Secondo alcuni studiosi, il soprannome ereditario di Cicero sarebbe da mettere in relazione con l'origine agricola della famiglia, esperta nella coltivazione dei ceci (cicer, in latino). Insieme al fratello Quinto, ricevette a Roma una educazione filosofica e retorica di alto livello, presso gli oratori Antonio e Crasso e i giuristi Scevola l'Augure e Scevola il Pontefice. Prestò servizio militare nello stato maggiore dell'esercito di Lucio Cornelio Silla e di Pompeo Strabone nell'81. Durante il potere dei democratici con Caio Mario e Lucio Cornelio Cinna, Cicerone completò i suoi studi con Molone di Rodi (oratoria) e Filone di Larissa (filosofia). Esordì come oratore nell'80 pronunciando la prima orazione Pro Quinctio su un caso senza risvolti politici. Con la seconda orazione, Pro Sexto Roscio Amerino, la difesa dell'imputato (accusato di parricidio da un liberto del dittatore Silla, Lucio Cornelio Crisogono, che intendeva acquistare le proprietà terriere dell'ucciso dopo aver liquidato anche il figlio come autore del delitto) ebbe una vasta risonanza politica e guadagnò una larga fama al giovane avvocato difensore che era riuscito a ottenere la piena assoluzione del suo assistito. La vittoria mise Cicerone in una situazione difficile, poiché Silla era allora signore assoluto a Roma. Cicerone preferì cambiare aria e si recò in Grecia dal 79 al 77 allo scopo di perfezionare i suoi studi filosofici. Prima fu ad Atene con l'accademico Antioco di Ascalona e gli epicurei Zenone e Fedro, poi a Smirne con Rutilio Rufo e infine a Rodi ancora con Molone e con Posidonio di Apamea. Tornato a Roma, sposò Terenzia. Nel 76 fu eletto questore (magistrato con competenze amministrative) ed entrò nella carriera politica attiva. Svolse il suo mandato nella Sicilia occidentale e in esso si distinse per la sua integrità. Designato edile (magistrato che sorvegliava le costruzioni, le strade e i mercati della città) nel 70, ebbe pubblicamente la prova dell'apprezzamento della sua opera da parte dei siciliani: una loro delegazione gli chiese di sostenere la loro azione nei confronti dell'ex propretore Caio Licinio Verre per atti di concussione perpetrati nei loro confronti negli anni dal 73 al 71. La difesa di Verre venne assunta da Ortensio, famoso avvocato dell'epoca. Cicerone raccolse tanti documenti e tante testimonianze accusatorie contro Verre che Ortensio rinunciò alla difesa. Verre fu condannato al risarcimento e all'esilio perpetuo. Delle sette orazioni conosciute con il nome di Verrine scritte per l'occasione, Cicerone ne pronunziò di fatto solo due, mentre le altre cinque non furono mai pronunciate. La riconoscenza dei siciliani si espresse con l'invio di un grosso quantitativo di grano, che Cicerone donò munificamente al popolo. La vittoria su un avvocato rinomato come Ortensio fece di Cicerone una celebrità. 
La sua influenza si affermò rapidamente mentre si manifestava un orientamento della sua attività verso la conciliazione tra le classi al potere, il senato e i popolari (la cosiddetta concordia ordinum). Nel 66 ricoprì la carica di pretore, nel 63 fu nominato console insieme a Caio Antonio Ibrida. Durante il consolato si avvicinò al partito degli ottimati. Nel 62 venne a sapere della congiura che Catilina, sconfitto nelle elezioni consolari, stava preparando in Etruria. Cicerone agì rapidamente: convocato il senato, si fece dare i pieni poteri. Sfuggito a un attentato, denunciò la congiura nella seduta dell'8 novembre del 62, pronunciando la prima delle orazioni Catilinarie. Raccolte le prove della congiura, grazie alla collaborazione degli ambasciatori degli allobrogi che si trovavano a Roma, Cicerone fece arrestare i partecipanti e informò il popolo il 3 dicembre pronunciando la terza Catilinaria. Due giorni dopo, il 5 dicembre, con la quarta Catilinaria, propose al senato che venisse deliberata la pena di morte per i congiurati. La proposta venne approvata e la sentenza di morte venne eseguita nella stessa giornata. Con questa azione, Cicerone si assunse una grave responsabilità, della quale avrebbe pagato le conseguenze nel 58, quando Clodio, eletto tribuno della plebe, fece approvare una legge che applicava l'esilio a chiunque fosse responsabile di aver messo a morte un cittadino romano senza avergli permesso di appellarsi al popolo. Cicerone se ne andò in esilio di propria iniziativa (prima a Tessalonica, poi a Durazzo), mentre i suoi beni vennero venduti all'asta e la sua casa sul Palatino distrutta. Fu richiamato a Roma dal senato e dal popolo nel 57, dopo diciotto mesi di esilio. Appena tornato, ringraziò senato e popolo con due orazioni distinte e poi con una terza orazione richiese la ricostruzione della sua casa a spese dello stato. Nei processi, Cicerone continuò a lottare indirettamente contro Clodio, ma non riuscì più a guidare la grande politica. In questo periodo, compose il De oratore e iniziò la stesura del De re publica. Clodio venne ucciso da Milone nel 52. La difesa di Milone non fu fortunata per Cicerone: Milone fu condannato e dovette andarsene in esilio. Nel 53 Cicerone fu nominato proconsole in Cilicia; accettò l'incarico controvoglia, ma poi si dimostrò ancora amministratore giusto e avveduto. Tornò a Roma verso la fine del 50. Risultato inutile un suo tentativo di conciliare Cesare e Pompeo, scelse il campo di Pompeo e lo raggiunse a Durazzo. Dopo la sconfitta dei pompeiani a Farsalo in Tessaglia (48 a. C.), Cicerone si reimbarcò per l'Italia e si affidò al perdono di Cesare, che ottenne nel 47. Con la dittatura di Cesare, iniziò per Cicerone un periodo di ritiro lontano dalla politica, nel quale egli si dedicò prevalentemente agli studi di filosofia e di retorica. La sua vita privata fu purtroppo segnata da due drammi irreparabili (divorzio dalla moglie Terenzia nel 46 e morte della figlia Tullia nel 45) ai quali si aggiunsero le delusioni causate dal comportamento irresponsabile del figlio Marco e il naufragio del nuovo matrimonio. In pochi anni compose una notevole serie di opere divulgative e di trattati con i quali mise la filosofia greca a disposizione della società romana e creò il linguaggio filosofico che sarebbe stato utilizzato nella cultura europea per oltre quindici secoli. Tra le opere di questo periodo, sono da ricordare Orator, Brutus, De optimo genere oratorum, Paradoxa stoicorum, Cato, Academica, De finibus bonorum et malorum, Tusculanae disputationes, De natura deorum, De divinatione, oltre alla Consolatio e all'Hortensius, purtroppo perduti. 
Dopo l'assassinio di Cesare (44 a. C.), tentò di rientrare nella politica, sostenendo una posizione moderata. Ma l'iniziativa decisa di Marco Antonio lo costrinse a desistere. Si allontanò da Roma e si ritirò nelle sue ville sul Tirreno, dove riprese gli studi filosofici e compose Cato Maior seu de senectute, Laelius de amicitia, De fato, Topica, De officiis e De legibus. Tornò a Roma appena la situazione gli parve più favorevole per la normalizzazione e il ripristino del governo repubblicano. Fattosi sostenitore del giovane Ottaviano, prese decisamente partito conto Antonio, contro il quale scrisse ben quattordici violente orazioni (chiamate Filippiche in analogia a quelle di Demostene contro Filippo di Macedonia). Il successo di Ottaviano su Antonio (aprile 43) fu però seguito dalla riconciliazione con Antonio e dalla costituzione del secondo triumvirato tra Ottaviano, Antonio e Lepido. La sorte di Cicerone era ormai segnata: il suo nome fu il primo della lista di proscrizione di Antonio. I sicari di Antonio lo raggiunsero nella sua villa di Formia e lo assassinarono il 7 dicembre del 43. Con Cicerone Roma perdeva il testimone degli ultimi cinquanta anni di repubblica. 
Dell'attività forense, che Cicerone svolse contemporaneamente a quella politica, restano oltre cinquanta orazioni (Pro Quinctio, 81; Pro Roscio Amerino, 80; Pro Roscio comoedo, 77; Divinatio in Q. Caecilium, 70; Verrinae, 70; Pro Tullio, 69; Pro Fonteio, 69; Pro Caecina, 69; Pro Cluentio, 66; De imperio Cn. Pompei o Pro lege Manilia, 66; De lege agraria, 63; Pro Rabirio perduellionis reo, 63, Pro Murena, 63; Catilinariae, 63; Pro P. Sulla, 62; Pro Archia poeta, 62; Pro Flacco, 59; Pro reditu in ad Quirites, 57; Pro reditu in Senatu, 57; De domo sua ad Pontifices, 57; De haruspicum responso, 56; Pro Sestio, 56; In Vatinium, 56; Pro Caelio, 56; De provinciis consularibus, 56; Pro Cornelio Balbo, 56; In Pisonem, 56; Pro Plancio, 54; Pro Aemilio Scauro, 54; Pro Rabirio Postumo, 54; Pro Milone, 52; Pro Marcello, 46; Pro Ligario, 46; Pro rege Deiotaro, 45; Philippicae, 44-43). 
Gli interessi culturali di Cicerone furono vasti e profondi. Oltre alle orazioni, la sua produzione comprende opere filosofiche, opere politiche, opere retoriche, nonché un vasto epistolario (le lettere furono pubblicate nel 33 a. C. contro la volontà dell'autore). Le opere di Cicerone costituiscono il più importante patrimonio letterario della latinità classica, che ha costituito per secoli il modello principale della lingua latina studiata e insegnata. Tra le orazioni più efficaci oltre che politicamente importanti, sono in particolare da ricordare le 7 Verrine (70 a. C.), le 4 Catilinarie (63 a. C.) e le 14 Filippiche (44 a. C.), che distinsero le fasi cruciali della vita di Cicerone, dalla prima affermazione pubblica all'estremo tentativo di guidare la politica di Roma. 
Politicamente, Cicerone fu per breve tempo un protagonista, ma non mostrò una grande lungimiranza e mancò quasi sempre gli obiettivi che si propose. 
Le opere filosofiche di Cicerone costituiscono la divulgazione della filosofia greca, che l'autore aveva approfondito in Grecia con i massimi maestri del tempo, alla quale aveva combinato lo spirito pratico dei romani. Lo scopo che anima le opere filosofiche (in particolare del De officiis) era quello di fornire una base etica e politica alla classe dominante, in modo che il rispetto della tradizione degli antenati (mos maiorum) non comportasse chiusure nei confronti delle arti e della letteratura e più in generale della cultura greca. Secondo Cicerone, i valori che fecero grande Roma potevano essere coniugati con la necessità di cambiamento che le conquiste di Roma avevano reso ormai inevitabile. Ai saggi filosofici già ricordati, sono da aggiungere le traduzioni del Timeo (conservata solo in parte) di Platone, del Protagora di Platone e dell'Economico di Senofonte (restano solo frammenti). 
Le lettere di Cicerone (Ad familiares in 166 libri; Ad Atticum in 166 libri; Ad Quintum fratrem, 27 lettere), che consentono di conoscere la parte privata della sua vita, sono considerate un capolavoro del genere epistolare. 


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