Enciclopedia
Giolìtti, Giovànni (Mondovì 1842-Cavour 1928) Uomo politico, di orientamento liberale. Deputato dal 1882, ministro del tesoro nel governo Crispi, fu nominato primo ministro nel 1892, ma, travolto dallo scandalo della Banca romana, si dimise e si rifugiò in Germania. Dopo l'archiviazione del procedimento giudiziario nei suoi confronti, tornò in Italia nel 1897 divenendo personaggio di spicco della sinistra moderata. Nel governo Zanardelli fu ministro dell'interno; in seguito, quasi ininterrottamente dal 1901 al 1914, fu presidente del consiglio. Tale periodo coincise con un grande sviluppo economico e sociale, la creazione di grandi banche permise al mercato finanziario di decollare e al sistema industriale di svilupparsi. Furono allargati i diritti sindacali e politici delle classi lavoratrici, grazie ai quali Giolitti poté avere l'appoggio in parlamento dei socialisti riformisti. Nel 1911-1912 conquistò la Libia, in netto contrasto con il Partito socialista. La più importante riforma istituzionale giolittiana, fu la concessione del suffragio universale maschile. Nel 1912 per evitare il pericolo di un'affermazione del partito socialista, Giolitti stipulò con alcune organizzazioni cattoliche un accordo elettorale (patto Gentiloni) che gli garantì il successo elettorale, ma polemiche e malumori all'interno del suo stesso partito provocarono la caduta del suo governo. Durante la prima guerra mondiale rimase ai margini della politica avendo scelto una linea neutralista. Nel dopoguerra, tornato al governo nel 1920-1921, sottovalutò il movimento fascista credendo di poterlo utilizzare in funzione antisocialista e non comprendendo il pericolo che rappresentava per le istituzioni democratiche. Solo dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti (1924) passò a una dichiarata opposizione. Ha lasciato l'opera autobiografica, Memorie della mia vita (1922).
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