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Pàscoli, Giovànni (San Mauro di Romagna 1855-Bologna 1912) Nato in una famiglia della piccola borghesia, quarto di dieci figli, da giovane fu profondamente colpito da alcuni lutti familiari, fra cui l'uccisione del padre (1867). L'assassino, che sparando da dietro una siepe fece sì che la cavalla storna riportasse a casa il cadavere, rimase sconosciuto e impunito. L'anno seguente madre e sorella morirono per il dolore. Pascoli studiò a Bologna, allievo di Carducci. Si avvicinò al socialismo, posizione politica che poi abbandonò, passando a idee nazionalistiche. Dopo una serie di incarichi accademici, gli venne affidata la cattedra di letteratura italiana all'ateneo bolognese, come successore di Carducci (1905). Nella sua opera rigettò i modelli carducciani, affidandosi a una poesia che doveva essere il frutto dell'intuizione del momento, testimonianza del senso di precarietà della condizione umana dinnanzi al mistero della natura. Nei suoi canti rievocò la campagna, in modo concreto ed evidente, permeando la sua poesia di malinconia: il mistero delle cose è sempre presente così come la profonda e dolorosa coscienza delle inutili lotte dell'uomo, la precarietà e il dramma della sua condizione. La sua prima opera fu Myricae (1891), una raccolta di liriche. Seguirono Il fanciullino (1897) e altre raccolte di poesie, Primi poemetti (1897), Canti di Castelvecchio (1903), Poemi conviviali (1904), Odi e inni (1906), Nuovi poemetti (1909), Poemi italici (1911), Poemi del risorgimento (opera incompiuta, pubblicata postuma nel 1914); importante anche la saggistica con opere come Minerva oscura (1898), Sotto il velame (1900), La mirabile visione (1902) e una raccolta di poesie in latino, i Carmina (pubblicata postuma nel 1914, ma composta fra il 1885 e il 1911). In occasione della guerra di Libia, scrisse il discorso La grande proletaria si è mossa, e tradusse diversi brani dell'Odissea e dell'Iliade. I Carmi latini in lingua latina gli procurarono premi internazionali. 


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