Enciclopedia
Gràmsci, Antònio (Ales 1891-Roma 1937) Pensatore e uomo politico abbandonò da giovane la natia Sardegna alla volta di Torino, per seguire gli studi universitari, nel 1911. Durante questi cominciò a frequentare gli ambienti socialisti allontanandosi dalle originarie posizioni idealiste e divenendo interprete creativo dell'ideologia marxista. Nel 1919 con A. Tasca, U. Terracini e P. Togliatti fondò il settimanale L'Ordine Nuovo, impegnandosi nell'organizzazione di una struttura operaia consiliare, sul modello del soviet russo, nettamente contraria alla linea del Partito socialista. Centro di tale attività fu la realtà industriale della FIAT di Torino. Nel 1921 partecipò alla costituzione del Partito comunista, divenendone segretario generale nel 1924. Nello stesso anno fondò anche L'Unità, organo ufficiale del partito, dopo un soggiorno a Mosca e a Vienna, durante il quale conobbe la moglie; eletto deputato, fu contrario alla linea estremista di A. Bordiga (congresso di Lione, 1926) sostenne la necessità di alleare gli operai del Nord e i contadini poveri del Sud. Il pieno successo della sua linea, sancito a Lione, mitigava solo in parte l'amarezza di dover ormai operare nella clandestinità. Venne arrestato nel 1926 dalla polizia fascista e condannato dal Tribunale Speciale a venti anni di carcere; un massiccio movimento umanitario internazionale, che ne richiedeva il rilascio per le sue cattive condizioni di salute, riuscì a ottenere il trasferimento nel carcere ospedale di Formia e poi a Roma dove morì. In carcere Gramsci scrisse i Quaderni del carcere, trentadue articoli e fascicoli, pregni di analisi illuminanti su questioni letterarie, culturali, artistiche nonché politiche, che vennero pubblicati integralmente nel 1976. La sua elaborazione della tradizione culturale italiana (G. De Santis e B. Croce) alla luce dell'analisi marxista fu particolarmente originale, soprattutto in un periodo in cui la sinistra internazionale si allineava sempre più all'autoritarismo staliniano e al modello sovietico; il richiamo al confronto con le masse, alla repubblica dei consigli, al bisogno di un'egemonia culturale prima che politica, è la base della revisione ideologica che culminò nel dopoguerra con le tesi delle vie nazionali al socialismo. Punto centrale della sua elaborazione fu l'esame del ruolo dell'intellettuale, che finì con l'assegnazione al partito operaio del compito di divenire l'intellettuale collettivo che contribuisse alla formazione di un nuovo blocco storico in grado di sostituire le vecchie classi dominanti.
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