Punti di interesse turistico della regione Lazio
Categoria | POI |
Titolo | Borgo, The Village, Farnese |
Indirizzo | 01010 Lazio Viterbo Farnese borgo |
Plus codes | 8FJHHP2G+5M |
Periodo | 1500-1658 |
Descrizione | Le prime fonti che attestano l’esistenza di Farnese e del suo territorio risalgono al 1168 circa, quando la cosiddetta “Terra Guiccinesca”, cui apparteneva il primo nucleo insediativo, venne annessa ai domini di Orvieto dal conte Ranieri di Bartolomeo. Nel 1210 Farnese è menzionata nel diploma concesso dall’imperatore Ottone IV a Ildebrando Aldobrandeschi, insieme ad altri centri urbani tra la Tuscia e la Maremma. Nel corso del XIII secolo il paese e il suo contado rimasero aggregati, quasi continuativamente, alle pertinenze territoriale di Orvieto. La presenza farnesiana in questi territori si andò consolidando nel periodo avignonese grazie alla fedeltà nei confronti della Chiesa. In quest’epoca si andò conformando un’area di controllo sottoposta ai capostipiti del ramo cadetto dei Farnese. Nel 1389 si contendevano il territorio Pietro Farnese, da un lato, sostenuto da Bindo di Sovana, e Puccio e Ranuccio, dall’altro, che formalmente erano i legittimi signori del luogo, quali titolari dell’investitura papale. In quest’anno si scatenò contro di questi e contro Angelo e Francesco Farnese, la rivolta degli abitanti di Ischia, sobillati da Pietro, nel corso della quale gli stessi sarebbero rimasti uccisi. Allo stato attuale non è possibile conoscere con precisione lo sviluppo delle mura di epoca medievale che nel corso dei secoli furono oggetto di ripetuti interventi di restauro, anche se si può intuirne la configurazione che doveva seguire l’andamento irregolare dello sperone tufaceo sul quale era sorto il nucleo abitato Alla metà del XV secolo le lotte interne alla famiglia si conclusero. Bartolomeo fratello ed erede di Ranuccio pacificò lo stato dando origine al ramo cadetto della famiglia che avrebbe retto il governo del ducato di Farnese e Latera fino al XVII secolo. Da un punto di vista urbanistico Farnese si presenta oggi diviso in due parti: il borgo medievale, sulla rupe tufacea tra i due fossi, percorso da una strada che gira tutt’intorno ad esso, e il borgo rinascimentale, formato d atre assi stradali disposti a tridente sulla direttiva che collega Farnese a Ischia di Castro, e che portano alla piazza sulla quale sorge il palazzo Chigi, attuale sede del Municipio. Questa parte del paese fu edificata dai Farnese nel Cinquecento per le residenze dei suoi sudditi. Proprio nel corso del XVI secolo la presenza farnesiana si legò a un incremento delle attività economiche sul versante della produzione agricola e commerciale, grazie anche alla relativa vicinanza di Montalto, il porto del ducato di Castro, che sulla scorta di accordi di mutua assistenza, era anche quello dello stato di Farnese e Latera. Nel corso del medesimo secolo, nei due centri urbani, si ebbe anche un significativo impulso negli interventi urbanistico-architettonici. Nel 1560 Giulia Acquaviva, moglie di Pier Bertoldo, finanziò la costruzione della chiesa e del convento minoritico di San Rocco. Proprio agli anni di Pier Bertoldo, morto nel medesimo 1560, sembrerebbe risalire, con buona probabilità, anche la trasformazione della rocca in edificio residenziale, destinato alla piccola corte farnesiana, che alternava la sua residenza tra Farnese e Latera. Al governo di Galeazzo II si deve invece la costruzione di nuove chiese, tra cui il tempietto rurale di Sant’Anna, risalente all’ottavo decennio del secolo, successivamente decorato dagli affreschi mariani del pittore Antonio Maria Panico. Agli anni dell’amministrazione di Mario, subentrato nell’amministrazione del ducato al fratello Fabio, nel 1579, risalgono la pianificazione della nuova area urbana di Borghetto, del quale rimane oggi il solo mulino nel comune di Grotte di Castro, l’ampliamento del palazzo ducale, il restauro della chiesa del Salvatore e del convento di San Rocco ridedicato a Santa Maria delle Grazie. Sempre sotto il governo di Mario Farnese fu anche affrontata l’impresa costruttiva dell’acquedotto cittadino, che avrebbe dovuto condurre l’acqua dalla sorgente di San Martino (oggi la Botte) al paese, ma che rimase incompleto alla morte di Mario (1619), per le sopraggiunte difficoltà tecniche e soprattutto economiche. Dell’acquedotto restano oggi ancora visibili, portati alla luce da lavori agricoli e stradali, alcuni tratti nei pressi della chiesa di Santa Maria di Sala. Lo stesso Mario, cultore di pratiche magico-alchemiche, avrebbe fatto realizzare, dopo il 1596, il giardino della “Galeazza”, oggi perduto e del quale resta soltanto il toponimo “La Selva”, sull’esempio di quello voluto da Vicino Orsini a Bomarzo cinquant’anni prima. Nel 1615 vennero condotti importanti lavori sull’unica porta urbica sopravvissuta dell’impianto originario delle mura cittadine, lavori che la caratterizzarono secondo le forme classiche ancora oggi conservate, opera dell’architetto parmense Ettore Smeraldi, già al servizio di Mario Farnese nella fortezza di Ferrara. La porta che collega le attuali via Principe Amedeo e via Roma, costituiva nel XVII secolo un corpo di fabbrica con funzioni di collegamento tra l’ala rinascimentale del palazzo ducale e il viadotto coperto, fatto costruire dal duca Mario per consentire un passaggio diretto verso il cosiddetto parco della Selva che si estendeva sul colle Meconte a sud di Farnese. Un altro dato relativo all’estensione raggiunta dall’abitato nel XVII secolo è fornito dall’originaria ubicazione della perduta porta Sant’Angelo, il cui sito è oggi occupato da un piacevole belvedere. Costruita nel primo Seicento, su progetto dello stesso architetto Smeraldi, autore per altro di consistenti interventi sulle mura cittadine, nonché della sistemazione di strade e di abitazioni private, la porta doveva immettere al centro cittadino provenendo da Castro e condurre verso l’attuale via Sant’Angelo, che prendeva il nome, così coma la porta, dalla limitrofa omonima chiesetta. Alla morte di Mario, nel 1619, il ducato passò al figlio Diofefo, al quale subentrò nel 1621 il fratello Pietro, che dovette affrontare una situazione politico-economica simile, per crisi e indebitamento, a quella che avrebbe portato nei medesimi anni alla rovina di Castro e che avrebbe condotto Pietro a vendere il ducato ai Chigi, nel 1658, con il beneplacito di papa Alessandro VII, il quale avrebbe eretto il feudo a principato assegnandolo al nipote Flavio Chigi. |
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